“Tempesta solare” di Asa Larsson
2 maggio 2012

“(…) Qualcuno lo ha ammazzato. E non si è risparmiato, per così dire. Il morto è Viktor Strandgard, o il Ragazzo del Paradiso, come lo chiamavano. Era l’attrazione principale di questa congregazione. Nove anni fa ha avuto un terribile incidente. E’ morto all’ospedale. Il suo cuore ha smesso di battere, ma lo hanno rianimato e lui ha raccontato cosa era successo durante l’operazione e la rianimazione, per esempio che al dottore erano caduti gli occhiali e cose del genere. E ha raccontato di essere stato in paradiso. Di avere incontrato Gesù e tutti gli angeli. Già, e poi una delle infermiere e la donna che lo aveva investito sono diventate credenti, e in un batter d’occhio Kiruna si è trasformata in un raduno di fanatici religiosi. Le tre congregazioni principali della città si sono unite in una nuova chiesa, la Fonte della Forza. La nuova congregazione si è ingrandita sempre di più e negli ultimi anni ha costruito questa chiesa, ha aperto una scuola, un asilo-nido e ha organizzato grandi incontri di risveglio. Fanno un sacco di soldi e attirano gente da tutto il mondo. Viktor Strandgard è, o meglio era, un dipendente a tempo pieno della congregazione (…)”

Si alzò a sedere sul letto ma rimase avvolta nella coperta. Faceva freddo in cucina.
Tutto qui dentro mi ricorda la nonna, pensò. Mi sembra ieri che dormivo con lei nel divano letto e al mattino potevo restare al caldo sotto le coperte mentre lei si alzava ad accendere la stufa e a preparare il caffè.
Le sembrava di vedere Theresia Martinsson seduta al tavolo a ribalta ad arrotolarsi la prima sigaretta del mattino. Usava carta di giornale al posto delle cartine, che secondo lei costavano troppo. Strappava accuratemente il margine di una pagina del “Norrbottenskurir” del giorno prima. Era della larghezza giusta e senza inchiostro, perciò perfetto per lo scopo. Ci spargeva sopra una presa di tabacco e arrotolava una sigaretta sottile tra i pollici e gli indici. Indossava il grembiule a scacchi blu e neri aveva capelli argentei accuratamente infilati sotto il fazzoletto. Nella stalla le vacche muggivano per chiamarla. “Buon giorno pikku-piika” le diceva con un sorriso. “Sei sveglia?” (…)
Dovrei dedicare più tempo a pensare alla nonna, si disse. Chi ha detto che è meglio concentrarsi sul presente? Nella mia memoia ci sono molte stanze abitate dalla nonna. Ma non passo mai un po’ di tempo con lei. E cos’ha da offrire il presente?

“Hai detto alla polizia che è stato Viktor e svegliarti, che è per quello che sei andata lì.”
Sanna alzò gli occhi e fissò Rebecka.
“Lo trovi davvero così strano? Credi che tutto finisca solo perchè il corpo smette di funzionare? Era in piedi accanto al mio letto, Rebecka. Aveva l’aria incredibilmente triste. E mi sono resa conto che non era lì fisicamente. Così ho capito che era successo qualcosa.”
No, non lo trovavo affatto strano, pensò Rebecka. Sanna ha sempre visto più cose di tutti noi. Un quarto d’ora prima che qualcuno le facesse un’improvvisata, lei metteva su il caffè.
“Sta arrivando Viktor” diceva semplicemente.

“E’ Curt Backstrom. E’ lui che ci ha dato un passaggio fino a qui. Credo sia un po’ innamorato di me. Ma è davvero gentile. Assomiglia vagamente a Elvis. Forse potrebbe essere il tuo tipo Rebecka.”
“Piantala” disse Rebecka in tono deciso.
“Cosa c’è? Cos’ho fatto?”
“Hai sempre fatto così da quando ti conosco. Attiri un sacco di fuori di testa e poi dici che sono i tipi per me. No, grazie.”
“Scusami” rispose Sanna in tono ferito.

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