Ricetta: zuppa vesuviana28 novembre 2012
Ricetta di zia Daria, che scalda il corpo e l'anima...
Zuppa vesuviana
4 patate medie
8/10 carote grandi
mezza cipolla
1 mozzarella (200 gr.)
1 dado di pollo o vegetale
olio extravergine d'oliva
noce moscata
sale e pepe
Lavare e pelare le patate e le carote quindi tagliarle a pezzi piuttosto grossi. Tagliare in due o tre pezzi anche la mezza cipolla. Mettere tutte le verdure con un goccio di olio e il dado nella pentola a pressione e insaporirle velocemente a pentola aperta, poi aggiungere acqua senza arrivare a coprire del tutto le verdure.
Chiudere la pentola a pressione e cuocere per una ventina di minuti dal fischio. Tagliare a dadini la mozzarella e lasciare che raggiunga temperatura ambiente.
Finita la cottura delle verdure frullare la zuppa direttamente nella pentola con un frullatore a immersione, la consistenza deve essere quella di una vellutata bella densa. Unire una generosa grattugiata di noce moscata e scaldare bene la zuppa aggiungendo se necessario un pizzico di sale. Servire la zuppa bollente direttamente nei piatti insieme alla dadolata di mozzarella, un filo d'olio a crudo e una spolverata di pepe.
Per una zuppa ancora più
voluttuosa (come dice la zia!) usare una mozzarella di bufala o una mozzarella vaccina affumicata.
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“Cadaveri innocenti” di Kathy Reichs24 novembre 2012
Mi tornò alla mente Elisabeth Nicolet. La sua era stata una vita da reclusa. FEMME CONTEMPLATIVE recitava la targa. Ma ormai non contemplava più nulla da oltre un secolo. E se avevamo recuperato la bara sbagliata? Ecco un'altra cosa a cui non avevo voglia di pensare. Almeno per quella sera.
Apettando di udire la sua casella vocale farfugliai qualcosa di incomprensibile.
"Mamma? Sei tu?"
"Sì. Ciao, come mai sei a casa?"
"Ho un brufolo sul naso grande quanto un criceto. Sono troppo orrenda per uscire. E tu, che cosa ci fai a casa?"
"Mi sembra difficile che tu possa essere orrenda. Quanto al brufolo, no comment." Mi appoggiai a un cuscino e allungai i piedi verso il camino. "Ho passato due giorni a dissotterrare morti e sono troppo stanca per uscire."
"Non voglio sapere nulla." La sentii armeggiare con qualcosa.
"Questo coso fa davvero schifo."
Il mattino seguente mi alzai di buon'ora e andai in istituto. Il lunedì è una giornata molto piena per i patologi perchè durante il fine settimana gli atti di generica brutalità, le bravate incoscienti, i gesti di solitario autolesionismo e la fatale mancanza di tempismo subiscono una decisa e generale accelerazione. E i cadaveri arrivano in obitorio, dove aspettano nelle celle frigorifere l'autopsia del lunedì.
Quel lunedì non faceva eccezione.
In quel momento Birdie fece la sua comparsa, stirandosi una zampa anteriore, poi l'altra, e infine acquattandosi su tutt'e quattro in un rettangolo perfetto. Mi puntò gli occhi dritti in faccia ma non si avvicinò.
"Ehi Bird. Ti sono mancata?"
Nessuna reazione.
"Hai ragione, Pete. E' irritato."
Gettai la borsa sul divano e seguii il mio ex marito in cucina. Le sedie alle due estremità del tavolo erano occupate da pile e pile di posta, per lo più non aperta. Lo stesso poteva dirsi dei sedili sotto la finestra e dello scaffale in legno sotto il telefono. Non dissi nulla. Non era più un mio problema.
Trascorremmo una piacevole oretta mangiando spaghetti e parlando di Katy e di altre questioni familiari. Gli dissi che sua madre mi aveva chiamata lamentando di sentirsi trascurata. Pete rispose che avrebbe offerto a lei e a Birdie un pacchetto assistenza legale cumulativo. Gli consigliai di farsi sentire e lui disse che l'avrebbe fatto.
Alle otto e mezzo portai Birdie in auto e Pete mi seguì carico di tutto il suo corredo: il mio gatto è abituato e spostarsi con più bagaglio di me.
Mentre aprivo la portiera, appoggiò la mano sopra la mia.
"Sei sicura che non vuoi fermarti qui?"
Me la strinse e con l'altra mano mi accarezzò delicatamente i capelli.
Ero sicura? Il suo tocco era talmente gradevole, e cenare con lui mi era sembrato così normale, mi aveva fatta sentire così a mio agio. Qualcosa dentro di me cominciava a sciogliersi.
Rifletti, Brennan. Sei stanca. E arrapata. Meglio andare a casa.
"E adesso, che facciamo?" domandai.
"Bè, io non ho mai mangiato quella roba... hush puppy, si chiama così, vero?"
"Parlava delle indagini. Quanto alla cena, considerati libero. Io ho intenzione di rientrare in barca, farmi una doccia e prepararmi un delizionso piatto di maccheroni già pronti. Esattamente in quest'ordine."
"Gesù, Brennan, ma quella roba ha più conservanti del cadavere di Lenin."
"Ma che casa promette?"
"Hai centrato il punto. Non tutte le sette sono religiose. Si tende ad avere questa idea perchè negli anni Sessanta e Settanta qui da noi molti gruppi dichiaravano di avere fini religiosi per non pagare le tasse. Ma le sette sono entità di tutti i tipi e di tutte le dimensioni e promettono ogni genere di beneficio. Una gita nello spazio. L'immortalità."
"Continuo a non capire come sia possibile che qualcuno con più di un grammo di cervello possa credere a queste stronzate."
"Attenta. Non sono solo le persone marginali a rimanere invischiate nelle sette. Secondo alcuni studi, circa due terzi degli adepti venivano da famiglie normali e dimostravano di avere una condotta adeguata all'età prima di entrare in questi gruppi." (...)
"Per caso le tue ricerche dicono qualcosa di utile sul perchè le persone cercano questi movimenti?"
"Spesso non li cercano affatto. Sono i gruppi a cercare le persone. E come ho detto, i loro leader sanno essere terribilmente affascinanti e persuasivi." (...)
"Quante sette esistono negli Stati Uniti?" domandai a Red.
"Dipende dalla definizione che dai di una setta." Sorrise e allargò le braccia. "Diciamo fra le tre e le cinquemila."
"Stai scherzando?" (...)
"L'idea di far parte di un'élite è molto affascinante. Ci si sente scelti. E quasi tutte le sette convincono i loro membri che solo loro sono gli illuminati e tutti gli altri sono esclusi. Inferiori, in un certo senso. Vedi bene che siamo di fronte a roba potente."
"Bird?" lo chiamai sottovoce, sporgendo un braccio verso di lui.
Sollevò la testa e scrutò la mia faccia con gli occhi gialli. Scoccò un lampo. Birdie si alzò, inarcòla schiena e emise un: ""Prrrrr".
Voltai il palmo verso l'alto. "Forza , Birdie, vieni qua", sussurrai.
Lui esitò, poi venne vicino, si strusciò contro la mia coscia a ripetè il suo "Prrrrrrr".
Lo presi in braccio, lo strinsi forte e rientrai di corsa a casa.
Birdie aveva affondato le zampe anteriori nella mia spalla e si premeva contro di me come un cucciolo di scimmia contro la madre, facendomi sentire le unghiette attraverso la camicia zuppa di pioggia.
Dieci minuti dopo avevo finito di asciugarlo. I suoi peli bianchi fluttuavano nell'aria e coprivano gli stracci che avevo usato. Per una volta non c'erano state proteste.
Birdie trangugiò una scodella del suo cibo preferito e un piattino di gelato alla crema, poi lo portai di sopra, in camera da letto. S'infilò sotto le coperte e si allungò contro la mia gamba. Sentii il suo corpo teso che si rilassava e infine si accoccolava nella posizione più comoda. Il pelo era ancora umido ma non m'importava. Il mio gatto era ancora con me.
"Ti voglio bene. Birdie", dissi alla notte che mi circondava.
Mi addormentai cullata dal rumore delle fusa e dal ticchettio della pioggia.
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Un paese e cento storie12 novembre 2012
Un paese e cento storie.
Festa del cibo e dell’accoglienza in famiglia.
Dal 7 all’11 novembre 2012.
Belvedere Fogliense, Candelara, Case Bernardi, Monteciccardo, Montefabbri, Montegaudio, Novilara, Padiglione, Sant’Angelo in Lizzola, Villa Betti.
Che gusto ha un paese? Qual è il sapore dei ricordi?
Assaporare un’atmosfera non è solo un modo di dire se si parla di
Un paese cento storie l’originale iniziativa, ideata e curata da Cristina Ortolani, che anima nel fine settima di San Martino alcuni borghi della provincia di Pesaro e Urbino.
La festa del cibo e dell’accoglienza in famiglia, nata a Belvedere Fogliense e giunta alla settima edizione, parte da una semplice quanto coraggiosa idea: aprire le case per accogliere a cena ospiti sconosciuti ai quali raccontare il proprio territorio e le proprie tradizioni, scambiando parole e storie intorno a una tavola imbandita come nei giorni di festa.
Per partecipare alle cene in famiglia non si paga, si prenota e ci si presenta presso la famiglia che verrà indicata con un mazzo di fiori, una bottiglia di vino, una scatola di cioccolatini o qualsiasi cosa si ritenga possa essere gradita, esattamente come a casa di amici.
Si cena in cucina, in sala da pranzo o nel tinello con piatti tipici di un territorio che, vicino al confine con la Romagna e a pochi chilometri da Urbino, presenta un crogiolo di tradizioni culinarie. Gli ingredienti sono quelli che in un altro contesto verrebbero definiti a chilometro zero ma qui sono più semplicemente: le verdure dell’orto, i funghi raccolti dal vicino, le uova delle galline che razzolano nel cortile.
Ospitalità e condivisione sono le parole chiave di questa esperienza che scalda il cuore. Lo spirito di
Un paese cento storie è sincero e genuino come gli ingredienti della cucina di casa e si è rivelato capace di conquistare un numero sempre maggiore di persone disposte a dare o chiedere ospitalità.
Simbolo dell’iniziativa è “La Dirce” (rigorosamente con l’articolo), rappresentazione di tutte le cuoche, raffigurata nell’atto di offrire su un vassoio le storie dei paesi che partecipano all’iniziativa, racchiuse nell’antica rocca malatestiana di Belvedere Fogliense realizzata con pan di spagna e cioccolato.
Per l’edizione 2013 è prevista l’uscita del volume “In cucina con la Dirce” raccolta di ricette delle cuoche di
Un paese cento storie legate a una storia o a un ricordo di famiglia, perché...
un pasto è l’anima del cuoco fatta cibo.
Grazie a tutti per la bellissima avventura: a Walter e Cristina per aver reso tutto possibile, a Marica e Massimo che ci hanno scarrozzato e sopportato, a Alice e Andrea per averci ospitato e coccolato alla Locanda Montelippo, alla famiglia Mariotti Del Baldo e alla famiglia Balestrieri Antonelli per la meravigliosa accoglienza, alla cuoca Vanda e al cuoco Francesco veramente mitici e a tutti gli interessanti ospiti delle cene in famiglia. Grazie a tutti quelli che hanno piacevolmente riempito le nostre giornate e altrettanto piacevolmente le nostre pance! Grazie ai miei fantastici compagni di viaggio: Alex, Michela, Simone e non certo ultimo Ste.
unpaesecentostorie.farememoria.com
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Ricetta: spaghetti neri alle mazzancolle4 novembre 2012
Veramente buoni e scenografici... un piatto per sedurre...
Spaghetti neri alle mazzancolle
400 gr. di spaghetti (o linguine) al nero di seppia
500 gr. di mazzancolle
200 gr. di pomodorini
4 carciofini sott'olio
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva
vino bianco
prezzemolo
peperoncino
sale affumicato della Danimarca
In un'ampia padella saltare le mazzancolle nell'olio quindi sfumarle con il vino bianco e aggiungere alcuni grani di sale della Danimarca.
Dopo una breve cottura unire i pomodorini tagliati a spicchi, l'aglio e il peperoncino.
Lessare gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolarli al dente e versarli nella padella con le mazzancolle poi aggiungere i carciofini tagliati a spicchi molto sottili e il prezzemolo tritato.
Togliere l'aglio e mantecare bene gli spaghetti, se necessario aggiungendo un po' d'acqua di cottura della pasta.
Servire gli spaghetti in grandi piatti piani e mettere in tavola una ciotola dove poter raccogliere le teste e i carapaci delle mazzancolle.
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