“Il silenzio dei chiostri” di Alicia Giménez-Bartlett21 giugno 2013
Che meraviglia il Monastero di Poblet e il Monastero di Sant Pere de Rodes di El Port de la Selva in Catalogna...
La trovai sul divano. I capelli sciolti e scarmigliati le nascondevano la faccia. La testa era piegata sui cuscini in posizione innaturale. Le gambe puntavano verso il soffitto, nude e bianche, scoperte dalla gonna rovesciata intorno ai fianchi. Spalancai la bocca ed esclamai:
- Marina, cosa diavolo fai messa a quel modo?
Allora Marina, figlia del mio terzo marito e pertanto in via semiufficiale mia figliastra, ricompose la sua contorta figura per ritrovare la stazione eretta. Congestionata da quel sottosopra, rispose:
- Vedevo tutto all'incontrario.
- Mi ha fatto una gran brutta impressione trovarti così.
- Perché ti è tornata in mente la gente assassinata...
Quella bambina di otto anni, taciturna, discreta, intelligente, aveva il dono di leggermi nel pensiero con spaventosa facilità. Mi piantava addosso i suoi occhi azzurro chiaro e automaticamente sapeva qualunque cosa mi passasse per la mente. Ma quella sua virtù che mi costringeva a vivere con la guardia alzata non mi piaceva affatto. Mentii (...)
- Lo sa che avrebbe dovuto chiemare immediatamente la polizia? Lo sa che...?
Mi interruppi, esasperata. Tirai fuori il cellulare.
- Ma cosa sta facendo? - mi chiese in malo modo la suora. - Se ho aspettato tanto e alla fine mi sono rivolta a lei è solo perchè desidero discrezione. Questo è un convento, non possiamo finire sui giornali.
- Che cosa suggerisce, allora, che lo seppelliamo nella cripta e cancelliamo tutte le tracce?
- Non dica sciocchezze e la smetta di essere insolente. Questo è il mio convento a qui comando io! Lei non sa chi è quell'uomo. E frate Cristóbal dello Spirito Santo, dell'abbazia di Poblet! Vuole far scoppiare uno scandalo che mandi all'aria due ordini religiosi insieme?
Strinsi i denti a la guardai negli occhi.
- E va bene, lei è la madre superiora di questo convento e magari di altri ventitrè, e quell'uomo può anche essere il papa di Roma fatto a pezzettini. Ma per me il risultato non cambia. C'è una legge in questo paese e tutti sono tenuti a rispettarla.
Mentre guidavo verso casa non potei fare a meno di pormi qualche domanda. Chi mai potrebbe uccidere un monaco cistercense dedito al restauro di salme medievali? E a chi mai verrebbe in mente di rubare un beato mummificato da secoli? A qualcuno doveva pur interessare, se i ladri avevano perfino ucciso per poterlo portare via. Ma una mummia del genere, non sarà fragilissima? Dovevano aver agito con estrema cautela. I santi e i beati hanno un valore sul mercato dell'antiquariato? Mi sembrava strano, a meno che la salma non fosse avvolta in ricchi paramenti sacri. Ma in tal caso, non sarebbe stato più facile spogliarla a lasciarla lì, nuda come un verme? E poi, se lo scopo era rubare la mummia, perché far fuori il povero cistercense? Solo perchè aveva sorpreso i profanatori nella cappella? Mai e poi mai, in tutta la mia vita di poliziotto, mi ero trovata davanti a tanti interrogativi tutti insieme.
Per qualche minuto rimasi sola davanti a un'ultima tazza di caffè. Tutto nella vita è complicato, e tutto ha un prezzo. Incontri l'uomo della tua vita e lui ti porta in casa una caterva di figlioli, nati da due madri diverse per di più! Ogni passo che fai apre scenari nuovi di cui nemmeno sospettavi l'esistenza. (...) Riuscire ad armonizzare tutti gli aspetti della vita è una classica aspirazione femminile. Noi donne ci crediamo onnipotenti: competitive sul lavoro, splendide amanti e madri amorevoli. (...) Avevo sopravvalutato le mie possibilità. Di sicuro esistono donne capaci di essere splendide mogli, ottime madri e professioniste di successo, e che trovano anche il tempo di fare sport e darsi al volontariato, ma quello non era il mio caso.
II corpo incorrotto di frate Asercio de Montcada, che assurdità! Solo in Spagna succedono certe cose. Un paese arretrato, con i falò in piazza, i tori nelle arene e le reliquie esibite ai turisti: il braccio di santa Teresa, il santissimo orecchio di san Giuseppe, l'intestino crasso di santa Policarpa... Che schifo! Che schifo e che ignoranza, naturalmente. Ormai ero così alterata che avevo spinto il motore al massimo senza neppure rendermene conto. Alzai il piede dall'acceleratore. Sebbene il destino mi avesse fatta nascere in un paese disgraziato volevo continuare a vivere ancora per qualche anno.
- Lasci perdere, queste sono sciocchezze. Andrò dove mi dicono. In realtà non me ne importa molto. Solo una cosa mi dispiace: non aver saputo vedere tutto il dolore e tutto l'odio che covava intorno a me. Quanto a non essere più madre superiora, quel che mi preoccupa è che non avrò più un ufficio tutto mio. Mi sarà impossibile fumare...
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Le vent du nord12 giugno 2013
Mi piace tanto questo locale, per quello che si mangia e si beve… ma anche perchè è facile, lasciate fuori le luci della città, immaginare di essere in un piccolo porticciolo in Belgio o anche in Normandia o Bretagna…
Il nome della Brasserie “Le vent du nord” è tratto dai versi di una delle più famose canzoni di Jacques Brel, cantautore e compositore belga di lingua francese. Un vento che ha portato a Milano un angolo di Belgio con la sua cucina e le sue birre.
La cucina offre principalmente il piatto nazionale:
mules frites cozze in numerose varianti servite nelle cocottes (tradizionali pentole con coperchio) accompagnate da speciali patatine cucinate con il metodo belga della doppia frittura e presentate in originali coni di carta sospesi. Altre proposte tipiche sono la
carbonnade à la flamande stufato di manzo alla birra, salsicce in umido alla birra servite con
stoemp crema di patate con verdure di stagione, insalata belga ripiena gratinata e formaggi d’abbazia.
I dolci fatti in casa spaziano da fragranti gaufres con cioccolata calda, panna montata o sorbetto di mela verde a torta di puro cioccolato senza farina e uova, torta di mele al Calvados e sorbetto alla birra di ciliegie (kriek).
Si beve ottima birra belga, nota in tutto il mondo per qualità e varietà (più di 400 tipi). Una trentina sono le proposte tra spina e bottiglia e il menu consiglia gli abbinamenti con i piatti. Molta cura viene dedicata alla spillatura delle birre in fusto (
pils de brabant,
gordon finest,
gold dominus triple,
blanche de brabant e una quinta proposta a rotazione) gli aromi protetti da una schiuma perfetta, la giusta temperatura e il bicchiere più adatto per ottenere vere e proprie creazioni del
mastro birraio.
Gli arredi del locale ricordano quelli di un transatlantico di inizio Novecento, con travi di acciaio a vista, pavimenti con tavole di legno, pareti e soffitti verniciati color panna e foto d’epoca alle pareti.
Nell’attesa dell'ordinazione ci si può cimentare nell’antica arte dei nodi. I tovaglioli stretti da una piccola corda contengono infatti un foglietto che illustra la realizzazione di un particolare nodo e il suo utilizzo marinaro.
www.leventdunord.it
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Ricetta: vermicelli con colatura di alici2 giugno 2013
Un giro da Eataly e finalmente ho comprato la colatura di alici che mi propoponevo da tempo di assaggiare...
Vermicelli con colatura di alici
400 gr. di vermicelli (o spaghetti grossi)
2 spicchi d'aglio
2 peperoncini secchi piccoli
4 cucchiai di colatura di alici
olio extravergine d’oliva
prezzemolo
In un’ampia padella mettere l'olio, gli spicchi d'aglio tagliati a fettine e i peperoncini sbriciolati. Scaldare l'olio senza far bruciare l'aglio e il peperoncino.
Lessare i vermicelli in abbondante acqua leggermente salata, scolarli al dente e versarli nella padella assieme al prezzemolo tritato. Mescolare bene e a fuoco spento aggiungere la colatura di alici.
Servire immediatamente in tavola.
Possono essere aggiunti a piacere pistacchi o pinoli tostati tritati e della buccia di limone grattugiata.
La colatura di alici è un prodotto tradizionale campano, prodotto nel piccolo borgo di Cetara della Costiera amalfitana. E' una salsa liquida trasparente dal colore ambrato prodotta da un particolare procedimento di lavorazione delle alici.
Le origini di questo prodotto gastronomico risalgono agli antichi romani, che producevano una salsa molto simile alla colatura, chiamata garum. La ricetta fu in seguito recuperata nel Medioevo da gruppi monastici cistercensi presenti in Costiera.
Le alici pescate in primavera vengono, appena pescate, mondate da testa e interiora e tenute per ventiquattro ore in contenitori con abbondante sale marino. Successivamente sono trasferite in piccole botti di castagno o rovere alternate a strati di sale e coperte da un disco di legno sul quale sono posti dei pesi. Il liquido prodotto da questo processo di pressatura viene raccolto e messo in grossi recipienti di vetro esposti alla luce diretta del sole (l'evaporazione dell'acqua ne aumenta la concentrazione). Dopo circa quattro o cinque mesi tutto il liquido viene nuovamente versato nelle botti con le alici e fatto colare lentamente tra gli strati di pesce, in modo da raccoglierne ulteriormente il sapore. La colatura di alici, filtrata attraverso teli di lino, è pronta per gli inizi di dicembre.
Gli spaghetti conditi con la colatura di alici a Cetara sono il piatto tipico della vigilia di Natale.
www.delfinobattistasrl.it
www.milano.eataly.it
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