“Una vacanza da cane” di J.F. Englert
1 gennaio 2012

Una lettura rilassante…

una vacanza da cane englertUn giallo a quattro zampe.

C’era un gruppo di membri dell’equipaggio la cui unica responsabilità era quella di sorridere e distribuire, tutt’intorno a noi, antipastini monoporzione adagiati su tovagliolini di carta. Erano talmente esperti, così impassibili e concentrati sull’arte di servire gli hors d’œuvres, che nemmeno due dozzine di cani aggrovigliati accanto ai loro piedi e fervidamente dediti  a espedienti volti a rovesciare i vassoi riuscirono a far loro cadere sia pure un unico boccone sul ponte.
Benchè gli antipasti stessero sfrecciando ben al di sopra del livello degli occhi canini, sui soprastanti vassoi d’argento, il naso mi consentì di stilare rapidamente un elenco ipotetico delle invisibili leccornie. Non avevano un ordine particolare: insalata di polpa di riccio di mare su barchette di indivia belga; caprino al pepe su castagne in salamoia con crème fraîche al litchi; serpente di mare con prosciutto, farcito con uva moscatella e avvolto nel bacon con composta di prugne; crostini con lumache selvatiche; filetto di manzo con fettine di pastinaca fritte.

(…) in quanto cane conosco le semplici e inenarrabili gioie dell’esistenza, e so che per inseguirle non si può essere troppo orgogliosi, altrimenti si è destinati a lasciarsele sfuggire.
E una di queste gioie – una gioia che non bisogna assolutamente perdersi – fluttuò in un punto imprecisato sopra la mia testa, su uno di quei vassoi d’argento. Il mio naso non era tormentato da sofisticate barchette di indivia belga o da crème fraîche al litchi, bensì da qualcosa di ordinario, l’orfanello degli antipasti che negli Stati Uniti fa immancabilmente la sua comparsa a ogni matrimonio, anniversario e veglia funebre: sto parlando, naturalmente, di quella sublimità ricca di conservanti, i “porcellini vestiti” ossia pezzetti di würstel avvolti nella pasta sfoglia.

“Andare dove? A cena?” L’altro parve sconcertato. “Oddio, no. Io cenerò nella mia cabina con Marlin, stasera. Sai gli ci vuole un po’ di tempo per acclimatarsi in un nuovo ambiente, e il meglio che la nave ha potuto offrigli è stata una palma nana che pende nettamente verso dritta. Ogni volta che la nave si inclina leggermente in quella direzione, negli occhi del ragazzo compare un’evidente espressione di terrore. Non posso proprio lasciarlo solo troppo a lungo.”
Harry sapeva dell’affetto di Jackson per il suo bradipo del Guatemala, ma non accettò per buona quella spiegazione: “Qual è il vero motivo?”.

Era una sensazione strana, per questo cane di Manhattan, percepire il pulsare costante dei motori della nave, vedersi rammentare i bui e freddi bracci di mare sotto di noi che brulicavano di strane e probabilmente fameliche creature acquatiche e sapere che il possente Atlantico, rovina di innumerevoli uomini e cani sopraffini, si estendeva tutt’intorno. Eppure, la vita di bordo – come la vita in genere, a dire il vero – è spesso basata sull’ignorare simili cose per concentrarsi invece sulle tiepide e appaganti certezze che ci circondavano quali la moquette color crema, l’acciottolio di porcellane pregiate che tintinnavano felici e il lontano profumo di trota alle mandorle.

Categorie: animali · cibo · lettura
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