foto di Elena Fiorio - Burano maggio 2009
Ricetta: frittata di edamame e pancetta
7 luglio 2018

Bandai edamame e passa lo stress...


Frittata di edamame e pancetta

210 gr. di edamame lessati
140 gr. di pancetta (dolce o affumicata)
6 uova
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaino di zenzero in polvere
erba cipollina
olio extravergine d'oliva
sale e pepe


Togliere le uova dal frigorifero. Rosolare la pancetta a dadini in una padella antiaderente per frittata senza aggiungere condimenti sino a quando è ben colorita.
In una ciotola sbattere le uova con una forchetta insieme alla salsa di soia, lo zenzero in polvere e l'erba cipollina poi unire la pancetta rosolata e gli edamame. Salare con moderazione e pepare.
Riscaldare la padella dove ha cotto la pancetta aggiungendo, se necessario, poco olio quindi versare il composto in un alto strato omogeneo. Cuocere a fuoco non troppo vivace per una decina di minuti il lato a contatto con la padella sino a quando è colorito al punto giusto quindi girare la frittata e cuocere l’altro lato.
Servire tiepida o fredda.

Lo stesso composto può essere anche cotto in forno a 180/200° sino a completa doratura.

Gli edamame sono fagioli di soia acerbi, tipici della cucina di Cina e Giappone. Il nome deriva dalla combinazione delle parole giapponesi "eda" (rami) e "mame" (chicchi) infatti vengono solitamente lessati o cotti al vapore e poi serviti raffreddati, o talvolta caldi, senza essere estratti dal baccello. In Giappone vengono spesso consumati conditi con solo sale marino come spuntino per accompagnare la birra. Una curiosità: esiste un antistress edamame che riproduce un baccello di soia dal quale far uscire i verdi fagioli con una leggera pressione delle dita.



Piccolo aggiornamento: adesso sono munita di tre baccelli regalati da Ste, bellissimi e con una faccina troppo simpatica... E lo stress? Vedremo...

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Degattoupage 5 – Oliver salumiere
12 maggio 2018

Manca solo un bel gnocco fritto...


Degattoupage 5
Oliver salumiere
collage 14,8x21 cm.

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Ricetta: vellutata di fagioli neri
14 novembre 2016

Ancora fagioli neri...

Vellutata di fagioli neri con mozzarella di bufala e pancetta

360 gr. di fagioli neri secchi
120 gr. di mozzarella di bufala
60 gr. di pancetta
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla piccola
1 foglia di alloro
olio extravergine d’oliva
sale e pepe


Ammollare in acqua fredda i fagioli neri per dodici ore circa poi risciacquarli bene.
Mettere nella pentola a pressione con poco olio la cipolla, la carota e il sedano mondati e tagliati a grossi pezzi, fare rosolare brevemente poi aggiungere i fagioli, l'alloro e acqua sino a comprire di un dito le verdure. Cuocere per 30/40 minuti, a partire dal fischio, tenendo la fiamma bassa.
Tagliare la mozzarella di bufala a fette poi a striscioline e lasciarla scolare bene in un colino. Fare a striscioline molto sottili anche la pancetta e rosolarla in un padellino senza condimento sino a renderla croccante.
Terminata la cottura dei fagioli, togliere dalla pentola solo la foglia di alloro e frullare il tutto con un frullatore a immersione. Salare, pepare e aggiungere, se necessario, altra acqua sino a ottenere una consistenza densa e cremosa.
Impiattare la vellutata e completare con la mozzarella di bufala, la pancetta croccante e un filo d'olio a crudo.


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“Roba da gatti” di Doreen Tovey
21 agosto 2016

Quando le zampe le divennero più robuste e Sugieh cominciò ad avventurarsi fuori casa da sola, i nostri guai si moltiplicarono. La prima volta che andò in giardino non accompagnata si arrampicò sul tetto del garage, scivolò giù dallo spiovente posteriore e cadde nella cisterna dell'acqua. Riuscì a venirne fuori da sola e, dopo essersi precipitata in casa con le zampe irrigidite dallo sdegno, pronunciò una tale arringa mentre rivoli d'acqua verdastra le gocciavano dalla coda sul povero tappeto indiano, che Charles, mosso da un istinto di autodifesa, sgusciò fuori e in un batter d'occhio fabbricò un coperchio per la cisterna.
Dopo di allora, la prima volta che la nostra micina entrò in bagno e vide Charles sdraiato nella vasca, disgraziatamente si ricordò dello scampato pericolo e, con un grido d'orrore, si tuffò per salvarlo. In quel momento Charles aveva gli occhi chiusi e, quando Sugieh gli atterrò sul petto strillando come un'invasata, balzò in piedi terrorizzato e quasi svenne battendo, la testa contro l'armadietto del pronto soccorso, appeso sopra la vasca per non essere alla portata di Blondin.
Da allora Sugieh cadde ripetutamente nella vasca tentando di salvarci da un annegamento certo, tanto che dovemmo attaccare ai rubinetti un avviso per ricordarci di chiudere a chiave la porta prima di aprirli. Forse per controbilanciare le conseguenze provocate dal fatto che ora si bagnava tanto spesso, Sugieh prese l'abitudine, quando conversava con noi, di mettersi con il di dietro proprio contro il caminetto elettrico. Per ben due volte la punta della coda le prese fuoco e, mentre lei era talmente occupata ad arringarci che nemmeno se ne accorgeva, Charles, lanciandosi attraverso la stanza in un magnifico placcaggio da rugby, spense la fiamma prima che le arrivasse alla pelle, asserendo però che certe cose alla sua età facevano male al cuore, e non facevano troppo bene neppure a me. Ci decidemmo dunque a comprare certi parafuochi a maglie strette, che deturpavano orrendamente l'aspetto di qualsiasi stanza in cui li si collocasse, e li legammo con lo spago a tutti i camini della casa.
Ma il problema più grave era il cibo. A quanto pare, finché era vissuta con Anna, Sugieh aveva consumato con docile obbedienza i suoi due pasti di cereali, i due di carne e le quattro tavolette quotidiane di lievito che le erano prescritte. Non così da noi. Già dal secondo giorno, quando ci aveva ormai classificati come una coppia di babbei proni a ogni suo volere, rifiutò di continuare a mangiare i cereali. Se mangiavamo fegato, che in teoria lei non avrebbe dovuto mangiare più di una volta alla settimana, o pancetta che, sempre in teoria, non avrebbe dovuto mangiare affatto, si metteva a sedere sul tavolo, indifferente all'eventuale presenza di altri commensali, e sbavava come Oliver Twist. Peraltro mangiava il coniglio - che le faceva bene ed era così a buon mercato che il macellaio assumeva un'espressione afflitta se io ne ordinavo meno di mezzo chilo - soltanto quando glielo dettava il cuore, sicché non facevo altro che preparargliene dei piatti che venivano regolarmente rifiutati e che poi abbandonavo nel viottolo a vantaggio di gattini meno fortunati. Inutile dire che non appena quelli sopraggiungevano, Sugieh usciva fuori, a spintoni si apriva un varco nel gruppetto famelico e si rimpinzava di coniglio con tanto gusto che una vecchia signora scavò un vero e proprio solco nel nostro vialetto d'accesso a forza di venirci a riferire che la nostra cara gattina stava mangiando gli avanzi nel viottolo. Eravamo proprio sicuri di darle cibo a sufficienza?

Il latte le piaceva, ma solo se le consentivamo di berlo stando sul tavolo e direttamente dalla brocca. Superammo questa difficoltà tenendo il suo latte nella brocca e riempiendo le nostre tazze clandestinamente, in modo da non offenderla, dalla bottiglia che nascondevamo dietro la libreria. La gente diceva che eravamo matti, e che avremmo dovuto farla bere in un piattino. Ma non conoscevano Sugieh, esempio vivente di un polso d'acciaio in un piccolo guanto di velluto azzurro.

Una sera tornai a casa (Sugieh era con noi da circa un mese) annunciando che la mia ditta mi pregava di recarmi a Liverpool per affari, il che significava che sarei rimasta fuori per una notte. Charles mi guardò terrorizzato. Chi, domandò, avrebbe badato al gatto?
Tu, risposi allegramente. (...)
In quell'istante si udì un tonfo clamoroso, seguito da un gemito. Sugieh, che da quando era stata esclusa dalla vasca da bagno aveva sempre cercato nuove terre di conquista, era caduta nel gabinetto. Non avrebbe potuto scegliere momento peggiore. Se mai avevo sperato, anche solo per pochi secondi, che Charles avrebbe accettato di occuparsi di lei, ebbene, quel momento era irrevocabilmente passato. Quando la estrassi dall'abisso, mentre si dimenava urlando, Charles le lanciò un'occhiata, indi rabbrividì e disse che gli era venuta un'idea. Avremmo chiesto alla nonna di tenerla per la notte, così lui mi avrebbe accompagnata a Liverpool in macchina, e ci saremmo presi entrambi un breve riposo.
Mia nonna amava gli animali, e per fortuna non aveva ancora conosciuto Sugieh, perciò non ci fu difficile combinare la cosa.

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Ricetta: involtini in camicia con patè di olive
11 marzo 2016

Ancora patè di olive...


Involtini in camicia con patè di olive

8 fette di fesa di tacchino (700/800 gr.)
16 fette di pancetta arrotolata (120 gr. circa)
8 cucchiaini di patè di olive nere
1 bicchiere di vino bianco
timo
olio extravergine d'oliva
sale


Adagiare ogni fetta di tacchino su due fette di pancetta leggermente sovrapposte poi spalmare la carne con il patè di olive.
Arrotolare le fette dal lato corto e chiudere bene con la pancetta poi con lo spago da cucina.
Ungere una larga casseruola con pochissimo olio e fare rosolare uniformemente gli involtini prima di aggiungere una presa di timo e il vino. Incoperchiare e cuocere per 15/20 minuti a fuoco dolce. Terminata la cottura salare e fare restringere il fondo di cottura.
Togliere lo spago e servire gli involtini interi o tagliati a fette piuttosto spesse.

Per una ricetta più leggera dimezzare le fette di pancetta e usare quella coppata. Il patè di olive può essere sostituito con una tapenade (salsa provenzale composta da pasta di olive nere o verdi, capperi, acciughe, olio d'oliva e talvolta altri ingredienti).


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Cowboy menu
4 maggio 2012

Buon compleanno Ste!



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Ricetta: quiche lorraine
29 agosto 2011

Per portare a casa un po’ di sapore di Francia…

Quiche lorraine

1 disco di pasta brisèe
150/200 g. di pancetta affumicata a cubetti
150 g. di emmental francese
2 uova
1 confezione di panna da cucina
mezzo scalogno
2 cucchiai di grana grattugiato
noce moscata
sale e pepe

Rosolare molto bene la pancetta con lo scalogno affettato finemente senza condimento.
Tagliare a piccoli cubetti l’emmental.
Preparare un composto con le uova, la panna, il grana, una spolverata di noce moscata, sale e pepe.
Stendere la pasta brisèe in una teglia tonda abbastanza grande. Mettere sulla pasta l’emmental a cubetti e la pancetta rosolata e versare in ultimo il composto di uova e panna.
Cuocere la quiche in forno a 180/200° per circa 30 minuti, preferibilmente nei primi minuti con calore solo dal basso.

Consiglio: servire con una insalatina tenera a foglie piccole condita con un’emulsione di senape, olio extravergine e un goccino di latte.

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