foto di Elena Fiorio - Burano maggio 2009
“La segreta alchimia” di Gaetano Savatteri
1 settembre 2017

Dalla raccolta "Viaggiare in giallo" di Giménez-Bartlett, Malvaldi, Manzini, Recami, Robecchi, Savatteri

«Saverio, perché non ti fai un giro? Qui accanto c'è un bel negozio di pentole».
«Ragione hai, Peppe. Mi serve proprio una padella antiaderente».
«Ecco, bravo. Ci vediamo tra mezz'ora».
In testa gliela sbatterei una padella antiaderente. Tanto lo so come finisce: Peppe Piccionello da anni dice di voler comprare un televisore, fa un bel giro in un negozio, si informa su tutti gli ultimi modelli e poi non prende mai niente.
A me personalmente questo vizio non sembra nemmeno così grave, ce ne sono di più turpi, come mettersi in fila alle tre di notte per conquistare l'ultimo modello di iPhone. Il problema è che stavolta Peppe mi ha chiesto di accompagnarlo e non ho trovato una scusa già confezionata per dirgli di no. (...)
Una padella antiaderente costa ventotto euro e settanta centesimi. Sinceramente, mi sembra peccato sprecare tanti soldi per spaccarla sulla testa a Peppe, anche se la commessa - molto graziosa, seppure con unghie ricostruite e troppo sbrilluccicanti - mi spiega che ha il fondo in pietra ollare. Provo a immaginare il rumore della pietra ollare, che non so manco cos'è, inferta con la forza di circa quaranta chili espressa dal mio braccio a una velocità di circa diciannove chilometri all'ora sul cranio di Piccionello. Secondo me suonerebbe meglio quella classica di acciaio, ma la ragazza con le unghie Swarovski mi spiega che non ne fanno più, e me ne propone altre di pietra lavica, di ceramica smaltata
o a particelle di granitech. Non ci sono più le padelle di una volta, questa la dico anche se è una stronzata, ma la commessa ride e scopro che uno Swarovski le brilla pure sull'incisivo laterale destro superiore. Troppo perfino per me.
WhatsApp mi deposita, caldo caldo, un messaggio di Suleima.
«Ancora con le tv di Peppe?» chiede.
«L'ho lasciato che flirtava con un Samsung».
«E tu?»
«Vorrei la verità: meglio una padella in pietra ollare o lavica?».
Attendo. Suleima sta rimuginando, ormai lo capisco dal tempo che impiega a rispondere.
«Saverio, la verità. Com'è?»
«La padella?».
«Non fare lo scemo. La commessa del negozio di padelle».
«Normale».
«Stai attento. Vengo lì e vi prendo a padellate, prima a te e poi a quella».
Le spedisco una serie di cuori e di smile.

Sto diventando pazzo, lo so. L'ho letto su «Robinson», l'inserto di «Repubblica», che si comincia così, sentendo le voci; era successo pure ad Alda Merini.
«Allora, dobbiamo perdere l'aereo?»
Un'altra voce, è di Piccionello.
Mi volto e capisco che, oltre alle voci, soffro di allucinazioni.
Davanti a me c'è uno che assomiglia allo Zeb Macahan del telefilm Alla conquista del West.
Chiudo gli occhi. Appena li riaprirò non ci sarà più niente e sarò tornato in me, sarà stato solo un sogno a occhi aperti.
«Sei diventato più scimunito del solito?» mi chiede l'uomo mascherato.
«Peppe, come cazzo ti sei impupato?»
«Classico ma informale» e si gira su se stesso.
Riesco a diagnosticare un paio di stivaletti Camperos El Charro pitonati a punta stretta con tacco da quattro centimetri, jeans stonewashed, camicia di velluto blu a righine strette, giacca di renna con frange.
Cerco a tentoni una sedia, mi tremano le gambe. Già mi immagino per le strade di Praga accanto all'ultimo dei mohicani.
«Che ne dici? La classe non è acqua» fa Piccionello.
«Acqua».
«Appunto, non è acqua».
«Peppe, un bicchiere d'acqua, per piacere. Avverto un'improvvisa secchezza delle fauci».
Bevo. Guardo con attenzione l'urban outfit di Peppe. Era meglio in mutande e infradito. Ogni dettaglio in sé è spaventoso, ma l'insieme è terrificante.

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“L’omicidio di Lord Arthur Savile” di Oscar Wilde
14 marzo 2013

Era davvero uno straordinario insieme di persone. Splendide nobildonne chiacchieravano affabilmente con violenti radicali, predicatori famosi sfioravano con le code di rondine eminenti filosofi scettici, un codazzo di vescovi inseguiva di sala in sala una formosa primadonna, sulle scale erano radunati membri dell'Accademia Reale travestiti da artisti e a un certo punto si disse che la sala da pranzo era letteramente zeppa di geni. Insomma, era una delle serate meglio riuscite di Lady Windermere (...)

Aveva cambiato marito più d'una volta; a dire il vero, Debrett le accreditava almeno tre matrimoni, ma poiché non aveva mai cambiato amante, il mondo aveva cessato da un pezzo di gridare allo scandalo. A quell'epoca aveva quarant'anni, era senza figli, e possedeva quella smodata sete di piacere che costituisce il segreto per rimanere giovane.

A un certo punto diede un'occhiata alla sala con aria inquieta, e chiese, con la sua chiara voce di contralto: "Dove si sarà cacciato il mio chiromante?" (...)
"Certo che è qui. Non mi sognerei mai di dare una festa senza di lui. Dice che ho una mano puramente psichica, e che se il mio pollice fosse stato solo un tantino più corto sarei diventata una pessimista acclarata e mi sarei rinchiusa in convento."

"Sybil e io sappiamo ogni cosa l'uno dell'altro."
"Oh, mi spiace che lei dica questo. L'elemento basilare di un matrimonio è l'incomprensione reciproca. No, non sono affatto cinica, ho una certa esperienza, ecco tutto, il che in fondo è la stessa cosa."

"Dica quello che ha visto qui" disse "mi dica la verità. Devo saperla. Non sono un bambino."
Gli occhi di Podgers ammiccarono dietro le lenti cerchiate d'oro e si dondolò con impaccio da un piede all'altro, mentre le sue dita giocherellavano nervosamente con la vistosa catena dell'orologio.
"Lord Arthur, che cosa le fa pensare che abbia letto nella sua mano più di quanto non le ho già detto?"
"Ne sono sicuro, e insisto perché mi dica cos'è. La pagherò. Le firmerò un assegno da cento sterline."

Omicidio! Ecco ciò che il chiromante aveva letto nella sua mano. Omicidio!

Quale felicità avrebbero mai gustato insieme, quando egli poteva essere chiamato in ogni istante a compiere la profezia tremenda impressa sulla sua mano? Che vita sarebbe mai stata la loro, mentre il fato serbava sulla sua bilancia una tale sventura? Il matrimonio doveva essere rimandato, a ogni costo. Lord Arthur ne era convinto. Per quanto amasse ardentemente Sybil e il solo tocco delle sue dita, quando sedevano vicini l'uno all'altra, facesse vibrare di emozione ogni nervo del suo corpo, il giovane si rendeva perfettamente conto di quale fosse il suo preciso dovere ed era conscio di non avere alcun diritto di sposarla finchè non avesse commesso il delitto. Una volta che avesse ucciso avrebbe potuto recarsi all'altare con Sybil Merton e dedicarle la propria vita, senza il terrore di sbagliarsi. Avrebbe potuto prenderla tra le braccia sapendo che mai ella avrebbe avuto da arrossire per causa sua, mai avrebbe dovuto nascondersi il volto per la vergogna. Ma doveva consumare il suo delitto: il più presto possibile e per il bene di entrambi.

Si chiese con meraviglia come aveva potuto essere tanto sciocco da disperarsi e smaniare sull'inevitabile. Solo una questione lo preoccupava: chi avrebbe dovuto eliminare.

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