Rovinose cadute3 settembre 2019
La vita è fatta a scale: c'è chi scende e c'è chi sale. C'è poi chi ruzzola e si fa male! Tanto male...
Sandro Giordano in arte Remmidemmi, nato a Roma nel 1972 e con un passato di attore alle spalle, dal 2013 lavora al progetto fotografico
IN EXTREMIS (corpi senza rimpianti).
Pare che tutto sia nato dall'esigenza dell'autore di "immortalare" un suo brutto incidente in bicicletta, dove l'istinto di salvare l'oggetto che teneva in mano ha prevalso su quello di parare il colpo della caduta, e dalla conseguente riflessione che in un mondo dominato dall'apparenza e da un consumismo bulimico talvolta gli oggetti tendono a diventare più importanti della vita stessa.
Scrive: "Le mie fotografie sono racconti di un mondo che sta crollando. Ogni caduta racconta di personaggi sfiniti che, in un improvviso oscuramento della mente e del corpo, si schiantano senza tentare di salvarsi. Non sono in grado di farlo, a causa della fatica della rappresentazione quotidiana della vita, oppressi dall'apparenza anziché mossi dal desiderio di esistere" e spiega "Nascondo il volto dei miei personaggi affinché il loro corpo parli per loro. Le cadute sono il punto di non ritorno".
www.sandrogiordanoinextremis.it
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Categorie: fotografia · umorismo
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Preghiere e turpiloquio12 agosto 2019
Giornate difficili e dolorose e un "ma porca puttana" da salvare perchè, al di là di tutte le considerazioni del caso, è venuto dal cuore...
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Tags: cuore, dolore, funerale, preghiere, salvare, turpiloquio
“Guarda ancora” di Lisa Scottoline5 agosto 2018
«Resta sveglio, piccolo, okay?». Ellen lo scosse lievemente e gli sussurrò qualcosa, mentre il sangue gli sgorgava dalla ferita e intrideva un Kleenex dopo l'altro fino a farli sembrare i papaveri di carta che lui faceva a scuola. Glieli nascose fino a quando il sangue non rallentò, preoccupandola ancora di più. Oreo Figaro si avvicinò, si sedette davanti al divano con le zampe nascoste sotto di lui.
Will tirò su col naso. «Hai fatto male a Oreo Figaro, mamma».
«No, non è vero. Sapevo che non si sarebbe fatto male».
«L'hai volato».
«Sì, lo so». Ellen non lo corresse. Poteva fare tutti gli errori di grammatica che voleva, da ora in poi.
«Non è stato bello».
«Hai ragione». Ellen si voltò verso Oreo Figaro.
«Mi dispiace, Oreo Figaro».
Il gatto concesse il suo perdono alzando gii occhi, sbattendo le palpebre e sorvegliandoli fino a quando non arrivarono le auto della polizia, con i lampeggianti che ferivano l'intimità del salotto coprendo con chiazze rosso sangue le mucche e i cuori sulle pareti.
«Cos'è, mamma?», chiese Will, voltandosi.
«È la polizia. Sono venuti ad aiutarci, socio». Ellen si alzò e andò alla finestra. La strada sembrala un set televisivo. Le auto della polizia stavano parcheggiando, gli scappamenti emettevano grandi volute di fumo nell'aria gelida e i fari abbaglianti squarciavano l'oscurità punteggiata dai fiocchi di neve. Agenti in uniforme scesero dalle auto, figure nere che si stagliavano sul bianco, e si diressero rapidamente verso la sua veranda.
«Eccoli, mamma».
«Certo. Sono arrivati». Ellen si avviò alla porta mentre i poliziotti si affrettavano a salire sulla veranda con i loro scarponi militari e raggiungevano l'ingresso.
Erano venuti a salvare Will.
E a distruggere l'unica vita che lui conosceva.
«Dov'è Oreo Figaro, mamma? ».
«Oh. Era qui un attimo fa», rispose Ellen guardandosi attorno. Poi, videro entrambi il gatto nascosto sotto ii tavolo da pranzo, disturbato da tutta quella confusione, una nuvola bianca e nera con la coda che sembrava un punto esclamativo.
«Eccolo lì!», gridò Will, partendo all'inseguimento del gatto che corse in cucina.
«Oh-oh». Ellen seguì Will e tutti si voltarono a guardarlo trattenendo il fiato. Avevano discusso su come avrebbe potuto reagire nel rivedere la cucina, ed Ellen aveva consultato uno psicologo infantile che le aveva detto di lasciare che prendesse lui l'iniziativa di fare domande, il terapeuta aveva anche approvato la sua idea di ridipingere la cucina e lei sperava che anche Will approvasse. Trattenne il fiato quando lui raggiunse la soglia.
«Mamma», urlò Will, sorpreso. «Guarda qui!».
«Lo so, caro. È una sorpresa per te». Ellen si avvicinò a lui e gli poggiò una mano sulla testa. Lei e Marcelo avevano lavorato in cucina tutto il weekend, avevano installato il nuovo parquet sul pavimento e ridipinto le pareti per coprire le macchie di sangue. La scelta della tinta era stata la più facile, anche se quando la luce del sole la illuminava attraverso la finestra sul retro, sembrava che la cucina stesse germogliando. Non era certa che si sarebbe mai abituata ad avere una cucina verde brillante, né che ci sarebbe stato bisogno di farlo.
«È il mio colore preferito!», esclamò Will, poi agguantò il gatto e gli diede una bacio. «Ti voglio bene, Oreo Figaro».
«Anch'io ti voglio bene», rispose Ellen, facendo la voce di Oreo Figaro.
Will ridacchiò e rimise il gatto sul pavimento. «Posso aprire i regali, ora?».
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