foto di Elena Fiorio - Burano maggio 2009
Softie: un disegno che diventa peluche
25 maggio 2019

Scarabocchi mostrocchi...


Wendy Tsao, fondatrice di Child’s Own Studio, trasforma disegni di bambini in simpaticissimi pupazzi trimensionali.

Artista e mamma canadese, originaria di Vancouver, ha iniziato facendo diventare i disegni dei propri figli straordinari peluche. Ha realizzato il primo "softie", nel 2007, a partire dall'autoritratto disegnato dal figlio di 4 anni che per lei aveva un significato particolare: "L'ho amato perché è stato il suo primo sforzo creativo di dare un senso al suo mondo" dice.

Da allora, ha stupito bimbi di ogni nazione materializzando per loro nuovi compagni di giochi ispirati a tutto ciò che hanno disegnato, da gatti arcobaleno a mostri a tre teste, senza alcun limite alla fantasia.
Le creazioni di Wendy riflettono l'immaginazione dei bambini e lei spiega: "Ogni softie è un progetto artistico tra me e il bambino, dove io faccio del mio meglio per catturare a mio modo lo spirito del disegno".

Child’s Own Studio, grazie a un team di artigiani di talento, realizza con amore e cura dei dettagli circa 120 pupazzi all'anno. Collabora inoltre con organizzazioni no-profit e scuole che promuovono programmi che valorizzano la creatività dei più piccoli.

www.childsown.com
www.facebook.com/childsown

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Non ti arrendere
21 dicembre 2018

Non ti arrendere

Non ti arrendere, ancora sei in tempo
per arrivare e cominciar di nuovo,
accettare le tue ombre
seppellire le tue paure
liberare il buonsenso,
riprendere il volo.

Non ti arrendere perché la vita e così
Continuare il viaggio
Perseguire i sogni
Sciogliere il tempo
togliere le macerie
e scoperchiare il cielo.

Non ti arrendere, per favore non cedere
malgrado il freddo bruci
malgrado la paura morda
malgrado il sole si nasconda
E taccia il vento
Ancora c’è fuoco nella tua anima
Ancora c’è vita nei tuoi sogni.

Perché la vita è tua
e tuo anche il desiderio
Perché lo hai voluto e perché ti amo
Perché esiste il vino e l’amore,
é vero.
Perché non vi sono ferite che non curi il tempo

Aprire le porte
Togliere i catenacci
Abbandonare le muraglie
Che ti protessero
Vivere la vita e accettare la sfida
Recuperare il sorriso
Provare un canto
Abbassare la guardia e stendere le mani
aprire le ali
e tentare di nuovo
Celebrare la vita e riprendere i cieli.

Non ti arrendere, per favore non cedere
malgrado il freddo bruci
malgrado la paura morda
malgrado il sole tramonti e taccia il vento,
ancora c’è fuoco nella tua anima,
ancora c’è vita nei tuoi sogni,
perché ogni giorno è un nuovo inizio
perché questa è l’ora e il miglior momento
perché non sei sola, perché io ti amo.

Mario Benedetti

Mario Orlando Hamlet Hardy Brenno Benedetti-Farugia (Paso de los Toros, 14 settembre 1920 – Montevideo, 17 maggio 2009) poeta, saggista, scrittore e drammaturgo uruguaiano.

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“Amori, crimini e una torta al cioccolato”
1 luglio 2018

di Sally Andrew
Un'indagine di Tannie Maria.

Non è buffa, la vita? Sai, per come le cose ne provocano altre in modo inaspettato.
Quella domenica mattina ero in cucina a rimestare la confettura di albicocche nella pentola di ghisa. Era una di quelle giornate terse d'estate nel Klein Karoo e mi godevo la brezza che entrava dalla finestra.
«Hai un profumo delizioso» dissi all'appelkooskonfyt. (...)
Mia madre era afrikaner e mio padre inglese, e le due lingue in me sono mischiate. Mangio in afrikaans e discuto in inglese, ma quando devo imprecare torno subito all'afrikaans.
L'appelkooskonfyt stava proprio venendo come si deve, densa e chiara, quando sentii l'auto. Aggiunsi alla confettura qualche armellina e una stecca di cannella, ignara che l'auto stesse portando il primo ingrediente di una ricetta di amore e crimine.
Ma forse la vita è come un fiume che scorre incessante avvicinandosi e allontanandosi dalla morte e dall'amore. Avanti e indietro.

Mia madre mi ha trasmesso l'amore per la cucina, ma è stato solo rendermi conto di quale pessima compagnia fosse mio marito a farmi capire che ottima compagnia potesse essere il cibo. Qualcuno potrebbe pensare che gli do troppa importanza. Be', lasciamo pure che lo pensi. Senza cibo sarei molto sola.

«Credo che dovremmo parlare con lui» dissi.
«Ma lui vorrà parlare con noi?» disse Hattie. «Mi sa che non è uno molto cordiale».
«Ho una fetta di quella torta al cioccolato e un panino con l'agnello arrosto» spiegai. «Con senape e cetriolini. Questo potrebbe indurlo a parlare».
«Non credo che dovremmo dare torta e agnello a quel bastardo» ribadì Jessie. «Si merita un bel calcio nelle palle».
«Quell'uomo ha una pistola, sai» disse Hattie. «Ma sono d'accordo: è più probabile che parli a una tannie che gli porta del cibo che a un paio di giornaliste investigative».
«D'accordo» concluse Jessie. «Tu puoi provare ad andare con il cibo e io ti aspetto fuori. Se gridi, arrivo di corsa con quel calcio. E uno spray al peperoncino».
Jessie mi sarebbe stata utile, ai tempi di mio marito Fanie.

Rosolai la pancetta affumicata e tostai il mio pane casereccio, poi preparai dei sandwich con pancetta e marmellata di arance e li misi in un Tupperware come spuntino da mangiare con Jessie più tardi. Ne preparai uno in più che sbocconcellai sullo stoep, guardando il ventre gonfio delle nuvole farsi rosa e poi rosso sangue. Poi di nuovo grigio, sempre più vicino, più grosso, più scuro. So che me ne sarei dovuta rallegrare, perché da qualche parte lì dentro c'era la pioggia, ma avevano un aspetto così cupo e pesante che nelle loro forme vedevo facce di uomini dalle barbe scure, con brutti pensieri nelle fronti rigonfie. Mio marito Fanie era morto e sepolto, ma a volte avevo l'impressione che fosse ancora con me, come un cattivo sapore in bocca.

Mentre tornavo alla macchina, mi chiesi che cos'avrei fatto se avessi pensato che stava arrivando la fine del mondo. Non credo in Dio o nella chiesa o cose del genere, per cui dubito che passerei il mio tempo a pregare o a elevarmi spiritualmente. Penso che cucinerei qualcosa di buono. Ma che cosa? E chi inviterei a mangiare?
La mia mente corse al pranzo con l'ispettore Kannemeyer (...)

Preparare i vetkoek con la carne speziata è un'arte messa a punto da generazioni e generazioni di tannie sudafricane. Mentre masticavo soddisfatta, pensai con gratitudine a tutte loro, e in particolare a mia madre, che mi aveva insegnato a farli. Lì nella mia cucina, addentando quel vetkoek ripieno, ebbi quel genere di sensazione che ci si aspetta quando si va in chiesa pieni di fede.
Ho detto che non credevo in niente, che la mia fede era volata via dalla finestra, ma forse non era vero. Credevo nei vetkoek ripieni e in tutte le tannie che li avevano fatti. Se fosse arrivata la fine del mondo, ecco cos'avrei preparato.

«Voi in che cosa credete?» domandai a Harriet e Jessie. (...)
Non risposero, così preparai le tazze: tè per Hattie e caffè per Jess e me.
«Abbiamo tempo fino al 21 dicembre per credere in qualcosa» continuai.
«Oh, cielo» esclamò Hattie. «Hai parlato con gli avventisti? Di' la verità».
«La fine del mondo è vicina» fece Jessie con il tono di quella a cui non importa nulla.
«Oh, andiamo. Quelli sono fuori di testa».
«Comunque siamo destinati a morire tutti» disse ancora Jessie. «Se non il 21 dicembre, prima o poi».
«Mi sa di sì» fece Hattie, alzandosi per prendere il suo tè. (...)
«Io vorrei un po' di vita prima della morte» dissi.
Jessie alzò gli occhi dal computer. Harriet mi lanciò uno sguardo perplesso.
«Tutto bene, Maria?» chiese.

Tannie: letteralmente zietta. Modo rispettoso afrikaans per indicare una donna coetanea o più anziana, tradizione un po' antiquata ma ancora diffusa nelle piccole città.
Stoep: veranda particolarmente confortevole e con una spendida vista.
Vetkoek: letteralmente torta grassa, è una focaccia di pasta di pane fritta.


Piacevolissimo libro salvato da un'onda anomala di succo di arancia rossa...

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Symmetry Breakfast
30 giugno 2018

Caro cosa mi prepari questa mattina?


Symmetry Breakfast nasce come fenomeno Instagram ed è una galleria fotografica delle colazioni speculari che il londinese Michael Zee prepara con amore ogni mattina per il suo compagno Mark van Beek e per sé.

Un'idea semplice e, come quasi tutte quelle geniali, nata per caso. Due piatti - ogni mattina differenti - di ottimo cibo, curati in ogni minimo dettaglio e meravigliosamente impiattati con assoluta simmetria.

Molti scatti mostrano colazioni che rispettano la tradizione anglosassone ma in altri Michael, che ha sangue cinese e scozzese, scopre e sperimenta altre culture culinarie.
L’ispirazione viene spesso dal passato e dalle tradizioni e altre volte da racconti di familiari e amici, ogni piatto ha una sua storia alle spalle e Michael dice: "Narrare è quello che faccio ed è mia intenzione fare. Non voglio pontificare con lunghe descrizioni, Instagram è del resto un medium particolare di immediata fruizione, un veicolo di storytelling particolare".



www.instagram.com/symmetrybreakfast
www.symmetrybreakfast.com

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“L’assassinio di Florence Nightingale Shore”
8 giugno 2018

di Jessica Fellowes
I delitti Mitford. Sei sorelle, una vita di misteri.

Mabel si raddrizzò, quasi fosse in procinto di dire qualcosa, quando colse un movimento alle sue spalle che la fece sussultare. La porta si aprì ed entrò un giovane di ventotto, trent'anni. Portava un completo di tweed marrone chiaro e un cappello. Da quello che Florence riusciva a vedere non indossava il cappotto, come ci si sarebbe aspettati da un viaggiatore diretto sulla costa in gennaio, ma forse lo portava sul braccio e lei non l'aveva visto. Non aveva bagaglio né bastone né ombrello. Si sedette a sinistra, accanto al finestrino, diagonalmente rispetto a Florence e in senso contrario alla direzione di marcia.
Udirono il fischietto del capostazione: partenza tra cinque minuti.
Mabel si mosse verso la porta e l'uomo si alzò. «Mi permetta» disse.
«No, grazie» replicò Mabel. «Faccio da sola».
Abbassò il finestrino tirando la cinghia di pelle, si sporse fuori per girare la maniglia dello sportello e lo spinse per aprirlo. Florence rimase seduta e ignorò il compagno di viaggio; teneva un giornale posato in grembo, gli occhiali da lettura sul naso. Mabel uscì, chiuse la porta e restò sul marciapiede
a guardare dentro. Poco dopo il capotreno soffiò nel fischietto per l'ultima volta. Il treno partì, all'inizio lentamente, poi accelerò e, giunto all'altezza della prima galleria, aveva ormai raggiunto la velocità massima. Fu l'ultima volta che qualcuno vide Florence Nightingale Shore viva.

«Hai un innamorato, Lou-Lou?» chiese Nancy di punto in bianco.
«Cosa?» trasalì Louisa. «No, certo che no». Il pensiero, però, corse a Guy, e avvertì un guizzo nello stomaco.
Nancy sospirò. «Neanch'io. A parte il signor Chopper, naturalmente».
«Il signor Chopper?»
«È l'assistente del signor Bateman, l'architetto di Farve. E' un ragazzo molto serio, non mi guarderebbe neppure se mi dimenassi davanti al camino. Quando viene a casa nostra, all'ora del tè, per mostrare i progetti, rifiuta qualunque forma di distrazione. Dev'essere amore, non credi?» Nancy levò gli occhi al cielo e Louisa la imitò, poi scoppiarono a ridere entrambe.
«Farve dice che c'è scarsità di uomini, oltretutto. Forse non ci sposeremo mai e saremo le "donne di troppo" di cui parlano sempre i giornali. Porteremo calze di lana grossa e occhiali spessi e coltiveremo l'orto. Leggeremo tutto il giorno e non ci cambieremo mai d'abito per la cena, come le sorelle O'Malley».
«Forse». Louisa sorrise. Non le pareva una brutta idea.

«(...) Oh, una cosa tristissima! Tante buone azioni per finire in un modo simile... » Rosa estrasse un fazzoletto non troppo pulito dalla tasca e si asciugò gli occhi.
«Come mai conosceva la signorina Shore?» chiese Guy, con la matita sospesa a mezz'aria.
«Eravamo infermiere insieme, prima della guerra. Lavoravamo al St Thomas'. Ero un po' più giovane di lei e mi aveva preso sotto la sua protezione. Era un'ottima infermiera e coraggiosa, anche. Sa che era andata in Cina da giovane? Non è da tutti. Io non mi sono mai spinta più in là di Dieppe, e mi è bastato. Non sanno fare un tè decente, sul Continente».

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Frida. Oltre il mito
26 aprile 2018

Oggi senza prenotare e senza coda...

Frida. Oltre il mito
Mudec - Museo delle Culture, Milano, dal 1 febbraio 2018 al 3 giugno 2018

Il Museo delle Culture di Milano celebra Frida Kahlo (1907–1954) con una grande e nuova retrospettiva. Un’occasione per vedere in un’unica sede espositiva dopo 15 anni tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo, e con la partecipazione di autorevoli musei internazionali che presteranno alcuni dei capolavori dell’artista messicana mai visti in Italia.
Grazie anche all’Archivio di Casa Azul, scoperto nel 2007 e oggetto di studi effettuati dal curatore della mostra Diego Sileo, la mostra proporrà nuove chiavi di lettura dell’artista messicana. Le opere scelte per l’esposizione delineeranno, in questa retrospettiva presentata al Mudec, una trama inedita attorno a Frida Kahlo, riconsiderandone la figura “oltre il mito”, come dice il titolo stesso della mostra.

"Spero che la fine sia gioiosa e spero di non tornare mai più" queste le ultime parole di Frida Kahlo scritte nel suo diario prima di morire. Aveva quarantasette anni.


Autoritratto con collana di spine e colibrì, 1940

http://www.mudec.it/ita/frida/

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Cat astrology
17 febbraio 2018

Benvenuta Cleopatra!


Ariete: Fai attenzione ai morsi d'amore! Gli attivi gattini dell'Ariete amano cacciare e inseguono i topi per coccolarli.
Toro: Ancora per favore! I gattini del Toro alla ricerca del piacere amano indulgere in crocchette extra, seguite da un sacco di coccole.
Gemelli: Attivi, curiosi e maliziosi, i gattini dei Gemelli amano uscire e miagolare in continuazione!
Cancro: Cucù! Il tuo gatto dolce, affettuoso e un po' fifone ama nascondersi sotto il letto, dove si sente sicuro e tranquillo.
Leone: Sono un gattino, ascoltami ruggire! Gli amorevoli gattini del Leone richiedono tutta la tua attenzione, quindi coccolali con tanto amore e tanti giocattoli.
Vergine: I gattini della Vergine si aspettano il meglio. Compra il loro cibo preferito e tieni la loro lettiera pulita per evitare soffi e attacchi!
Bilancia: Ma che bel gattino! Governato da Venere, pianeta dell'amore e della bellezza, il gatto della Bilancia ama pavoneggiarsi e farsi coccolare.
Scorpione: Miaooo! I gattini dello Scorpione un attimo sono pieni di amore e un attimo dopo sono pronti a soffiare, soprattutto se si accarezza un altro gatto!
Sagittario: I giocosi gattini del Sagittario amano fare casino. A volte girovagando spariscono per giorni in cerca di avventure.
Capricorno: E' il capo! Serio e un po' schivo, il gatto del Capricorno è particolarmente fedele e a te chiede lo stesso.
Acquario: Gli schietti gattini dell'Acquario amano tutte le creature grandi e piccine e sanno come raccogliere un seguito di ammiratori adoranti.
Pesci: I fantasiosi gatti dei Pesci trasformeranno qualsiasi cosa in un nuovo gioco e adoreranno osservare il grande mondo fuori dalla finestra.

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Parole d’amore intraducibili
14 febbraio 2017


In alcune lingue del mondo ci sono parole che indicano delle situazioni tipiche dell’innamoramento che in italiano possono essere descritte solo dalla combinazione di più parole o addirittura da frasi complesse.

Ecco dieci paole d'amore intraducibili:

Merak, serbo. Amore profondo per tutto l’universo che nasce dalla capacità di apprezzare le piccole cose.
Cwtch, gallese. Un abbraccio della persona amata che fa sentire di essere a casa e protetti.
Flechazo, spagnolo. Amore a prima vista, momento in cui si vede una persona per la prima volta e si capisce di volerla al fianco per tutta la vita.
Gezelligheid, olandese. Calore che si sente tra lo stomaco e la gola quando si pensa alla persona amata.
Manabamate, rapanui. Improvvisa mancanza di appetito causata dall'innamoramento.
Mamihlapinatapei, yamana. Sguardo di desiderio tra due persone troppo timide per fare la prima mossa.
Oodal, tamil. Finta rabbia che gli innamorati si mostrano a vicenda dopo un banale litigio.
Viraha, hindi. Rendersi conto di amare una persona soltanto poco prima di una separazione.
Retrouvailles, francese. Gioia che si prova quando si ritrova la persona amata dopo una lunga separazione.
Dor, rumeno. Avere l’impressione che il tempo che separa dal rivedere la persona amata non passi mai.

L’illustratrice britannica Emma Block ha realizzato per la campagna "More than just a word", del produttore di diamanti Vashi, 29 immagini che rappresentano altrettante parole intraducibili.



emmablock.co.uk
www.vashi.com/more-than-just-a-word

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Un weekend d’amore
28 ottobre 2016

Moga, il cui vero nome è Meg, si definisce una studentessa universitaria senior di arte digitale, femminista, bevitrice di cioccolata e amante dei gatti.
Moga è il soprannome che le hanno dato a pochi mesi i genitori ed è l'abbreviazione di Mowgli, il personaggio del libro della giungla.


artbymoga.tumblr.com

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“La casa buia” di Dennis Lehane
15 settembre 2016

Eravamo al Live Bootleg, una minuscola bettola sul confine fra Boston Sud e Dorchester, senza insegna sull'entrata. L'esterno di mattoni era dipinto di nero, e l'unica indicazione che il bar avesse un nome era scarabocchiata con la vernice rossa sull'angolo inferiore destro del muro davanti a Dorchester Avenue. In apparenza proprietà di Carla Dooley, nota anche come «L'adorabile Carlotta» e suo marito, Shakes, il Live Bootleg era in realtà il bar di Bubba, e non avevo mai visto il locale vuoto o la gola di qualcuno secca. Era anche una bella clientela; nei tre anni da che Bubba l'aveva aperto, non c'era mai stata una rissa o una fila per il bagno perché qualche drogato ci metteva troppo tempo a farsi una dose nel cesso. Naturalmente, tutti sapevano chi fosse il vero proprietario e come reagiva se qualcuno dava un pretesto agli sbirri per bussare alla porta, e così, nonostante il suo interno buio e la sua dubbia reputazione, il Live Bootleg era pericoloso quanto la tombola del mercoledì sera alla parrocchia di San Bartolomeo.

La casa davanti a cui Bubba parcheggiò era a un isolato di distanza dalla spiaggia, le case da ambo i lati erano pericolanti e inclinate verso il terreno. Nel buio, l'edificio pareva sul punto di crollare, e mentre non riuscivo a capire molto dei dettagli, avvertivo una spiacevole sensazione di degrado.
L'anziano che venne ad aprirci la porta aveva una barba rada che si rifiutava ostinatamente di crescergli sotto il mento. Era più o meno fra i cinquanta e i sessanta, con una gobba nodosa sulla schiena scheletrica che lo faceva sembrare ancora più vecchio. Portava un consunto berretto da baseball dei Red Sox che pareva troppo piccolo anche per la sua testa minuta, una mezza T-shirt gialla che lasciava esposto un addome grinzoso e pallido, e un paio di calze lunghe da ballerina di nylon nero talmente strette intorno all'inguine che gli organi genitali sembravano un pugno chiuso.
L'uomo si spinse sulla fronte la tesa del berretto da baseball e chiese a Bubba: «Sei Jerome Miller?».
Jerome Miller era lo pseudonimo preferito di Bubba. Era il nome del personaggio interpretato da Bo Hopkins in Killer Elite, un film che Bubba aveva visto circa undicimila volte e che poteva citare a memoria.
«Tu che pensi?» Il corpo enorme di Bubba torreggiava sull'uomo smilzo e me lo toglieva dalla vista.
«Sto chiedendo» ribatté l'uomo.
«Io sono il Coniglio Pasquale che sta in piedi alla tua porta con una borsa da ginnastica piena di pistole.» Bubba si sporse sopra il vecchio. «Facci entrare, porca puttana.»
Il vecchio si fece da parte, e attraversammo la soglia per entrare in un salotto buio che puzzava di tabacco. Il vecchio si piegò sul tavolino in basso, sollevò una sigaretta accesa da un portacenere stracolmo, succhiò il filtro, e ci fissò attraverso il fumo, gli occhi pallidi che risplendevano nel buio.
«Allora, fatemi vedere» disse.
«Vuoi accendere una luce?» chiese Bubba.
«Niente luce qui» sibilò l'uomo.
Bubba gli rivolse un sorriso ampio e gelido a trentadue denti. «Portami in una stanza che ce l'ha.»
L'uomo scrollò le spalle ossute. «Come volete.»
Mentre lo seguivamo lungo un corridoio stretto, notai che il cinturino sul retro del berretto da baseball penzolava slacciato. Tentai di pensare chi mi ricordava quell'uomo. Poiché non conoscevo molti anziani che indossavano mezze T-shirt e calzamaglia, avrei dovuto immaginare che la lista delle possibilità sarebbe stata piuttosto corta.

Nel Crockett's Last Stand una notte, Rachel Smith si unisce a una conversazione da ubriachi su quello per cui vale la pena morire.
«La patria» dice un ragazzo fresco di servizio militare. Egli altri fanno un brindisi.
«L'amore» dice un altro ragazzo, e si becca una scarica di sghignazzi.
«I Dallas Mavericks» urla qualcun altro. «Stiamo morendo per loro fin da quando sono entrati nell'NBA.»
Ridono.
«Vale la pena di morire per un sacco di cose» dice Rachel Smith, mentre si avvicina al tavolo, avendo concluso il turno, con un bicchiere di scotch in mano. «La gente muore ogni giorno» dice lei. «Per cinque dollari. Per aver fissato la persona sbagliata al momento sbagliato. Per i gamberetti.»
«Morire non dà la misura di una persona» dice Rachel.
«Cosa lo dà allora?» grida qualcuno.
«Uccidere» dice Rachel.
C'è un momento di silenzio. Gli uomini scrutano attentamente Rachel, e quella sua voce dura è pari a quella cosa che compare a volte nei suoi occhi e che vi può far diventare nervosi se guardate troppo da vicino.
Elgin Bern, capitano della Blue's Eden, la migliore nave per gamberetti di Port Mesa, dice alla fine: «Tu per cosa uccideresti, Rachel?».
Rachel sorride. Alza il bicchiere di scotch così che la luce fluorescente sopra il tavolo da biliardo si rifletta nei cubetti di ghiaccio.
«Per la mia famiglia» dice Rachel. «Solo per la mia famiglia.»
Qualcuno ride nervosamente.
«Senza pensarci due volte» aggiunge Rachel. «Senza guardarmi indietro.»
«Senza la minima pietà.»


dennislehane.com

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