foto di Elena Fiorio - Burano maggio 2009
A Natale siamo tutti più buoni
25 dicembre 2016

O forse no...


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Ricetta: polenta cropa
18 dicembre 2016

Il vero atto di eroismo è mangiarla in una torrida vigilia di Ferragosto a mezzogiorno sotto un tendone di plastica...

Polenta cropa

400 gr. di farina di grano saraceno macinata grossa
100 gr. di farina di mais bramata
500 gr. di patate
1 l. di panna
400 gr. di formaggio latteria semigrasso
1 cucchiaio di sale grosso


Lessare le patate e passarle in uno schiacciapatate. Mischiare la farina nera con quella gialla.
Fare bollire in un paiolo di rame la panna con 800 ml. di acqua di cottura delle patate poi aggiungere il sale e le patate schiacciate. Versare lentamente a pioggia la farina mescolando per evitare che si formino dei grumi sino a ottenere un composto di media consistenza.
Cuocere per 40/50 minuti continuando a mescolare con un bastone di legno. Quando sul fondo e sulle pareti del paiolo si forma una crosticina da cui il composto si stacca facilmente la polenta è cotta.
Aggiungere quindi il formaggio tagliato a grossi dadi, rimestare bene e prima che il formaggio si sia del tutto sciolto rovesciare la polenta in un grande piatto di legno (basla).
Servire la polenta caldissima, da sola o accompagnata da salsicce o salame.

La polenta cropa (o crupa) è un piatto tipico della Val d’Arigna nelle Orobie Valtellinesi e costituisce una golosa variante alla più famosa polenta taragna. Non esiste una ricetta codificata di questa polenta e ogni famiglia custodisce gelosamente la propria. Gli ingredienti fondamentali sono rappresentati dalla farina di grano saraceno, la panna, le patate e il formaggio. La tradizione vuole che i pastori preparassero la polenta cropa o la polenta in fiur (cotta nel latte) prima di abbondonare gli alpeggi come ringraziamento alla natura che li aveva ospitati.


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Ricetta: mac and cheese
12 dicembre 2016

Comfort food a stelle e strisce...

Mac and cheese

400 gr. di rigatoni (o altra pasta corta rigata)
200 gr. di cheddar chiaro non stagionato
150 gr. di mozzarella in panetto
400 ml. di besciamella
40 gr. di burro
1 cucchiaino di senape in polvere
parmigiano grattugiato
pangrattato
sale e pepe


Grattugiare il cheddar con una grattugia a fori larghi e tagliare a dadini la mozzarella.
Imburrare una teglia grande o quattro tegliette monoporzione e cospargerle di pangrattato. In un padellino fare sciogliere il burro rimanente con la senape in polvere.
Lessare i rigatoni in abbondante acqua salata, scolandoli qualche minuto prima della completa cottura, poi condirli con una besciamella piuttosto liquida, il burro aromatizzato alla senape, il cheddar, la mozzarella, una generosa macinata di pepe e un pizzico di sale.
Versare la pasta nella teglia e cospargerla con abbondante parmigiano grattugiato e altro pepe.
Infornare a 200° circa sino a quando il timballo è caldo e con una bella crosticina dorata in superficie.

Il cheddar è un formaggio di latte vaccino a pasta dura, semicotta e pressata dal gusto deciso e con colore che varia dal giallo pallido all'arancione. Originario del villaggio inglese di Cheddar, nella contea di Somerset, è il più diffuso formaggio britannico largamente diffuso anche in Australia, Stati Uniti e Canada.


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“La tela del Doge” di Paolo Forcellini
9 dicembre 2016

Intrippata dalla serie Italia Noir della biblioteca di la Repubblica-l'Espresso...

In realtà il Porta a porta del mellifluo Vespa gli serviva solo come sottofondo alle sue meditazioni riguardanti, quella sera come quasi tutte le altre negli ultimi sei mesi, la separazione dalla moglie Regina, quotato medico del reparto di oncologia dell'Ospedale Civile.
(...) da quando la consorte l'aveva mollato e se n'era andata a vivere per conto suo, il commissario aveva cominciato ad alzare il gomito quasi tutte le sere: la tristezza, l'angoscia, lo assalivano nella casa orfana delle chiacchiere reginesche.
Gli mancavano gli apprezzamenti immeritati e i rimproveri garbati della moglie. E sentiva nostalgia delle passeggiate domenicali con lei lungo le rive del Canale della Giudecca e di quelle serali, quando Regina lo andava a prendere in ufficio, in Fondamenta S. Lorenzo. Attraversando la Venezia delle boutique lussuose e degli ambulanti africani, facevano una lunga camminata fino alle Zattere per poi imbarcarsi sul vaporetto.
Aveva nostalgia delle cenette in due, a casa o nelle trattorie circostanti, come quelle estive all'Altanella, affacciata sul Rio del Ponte Longo, o all'Harry's Dolci, in Fondamenta S. Biagio.
E poi, o forse prima ancora, gli mancavano il suo corpo, i suoi abbracci, i suoi fremiti.
Così Manente ora aveva bisogno di stordirsi, di allontanare la disperazione che si faceva strada dentro di lui. L'alcol gli pareva la medicina maggiormente efficace, con in più la proprietà di concedergli qualche ora di sonno pesante che ormai da sobrio era sempre più improbabile.

«(...) Dunque, Furlan mi ha riferito che Bruscagnin e la Scarpa hanno mangiato verso le 13 risotto di pesce e bisato in tecia, acquistati alla rosticceria di Calle della Bissa. Piatti non proprio di facilissima assimilazione. Ho però potuto verificare che il processo digestivo era pressoché ultimato nel momento in cui Bruscagnìri è stato ucciso: questo elemento, assieme alla temperatura e alla rigidità del corpo, mi portano a concludere che la morte è avvenuta intorno alle 17, mezz'ora più, mezz'ora meno. Più preciso di così... Sono certo che mi farai avere al più presto l'encomio solenne che merito.»
«Certamente, Alvise, l'ho appena controfirmato. E sappi che il questore, su mia proposta, ha anche acconsentito che alla prima occasione ti accompagni all'American Bar di Piazza S. Marco per un Negroni. Offri tu, naturalmente. Ciao ciao.»

Invece che rientrare al commissariato, Manente attraversò il ponte che vi sorgeva dirimpetto e si recò nel suo pensatoio preferito: Campo S. Lorenzo. Una sorta di ampia enclave, attraversata solo da pochissimi abitanti dei dintorni, da qualche vecchietto che coraggiosamente usciva con la badante dalla residenza per anziani che vi si affacciava e da turisti rari come mosche bianche.
In fondo al campo sorge, maestosa, la Chiesa di S. Lorenzo, antichissima, rifatta nel Cinquecento, incompiuta e danneggiata dalla Grande Guerra. Chiusa al culto perché diroccata e utilizzata come magazzino, è preceduta da una breve scalinata dove Manente amava sedersi a pensare nelle giornate soleggiate, con la sola compagnia di qualche micio uscito a crogiolarsi agli amati raggi da una sorta di condominio, fatto di cucce di legno affiancate e accatastate su più piani, tutte ben fornite al loro interno di ceste e copertine per combattere il freddo, che qualche anima buona di gattara aveva poco a poco costruito sul sagrato per gli homeless felini del circondario.

www.repubblica.it/italia-noir

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Ricetta: involtini di cialde di riso con insalata e surimi
3 dicembre 2016

Involtini "effetto oriente" veloci veloci...

Involtini di cialde di riso con filetti d'insalata, germogli e surimi

12 cialde di riso (20/22 cm. di diametro)
200 gr. di insalata mista a filetti con porro
100/120 gr. di germogli di fagioli mungo in salamoia (o altri germogli)
12 surimi
olio di arachidi
salsa di soia


Bagnare con acqua fredda un canovaccio bianco di cotone poi strizzarlo e appoggiarlo su un ampio piano di lavoro. Adagiare su metà del canovaccio due cialde di riso affiancate poi ripiegarlo su di esse e lasciare che si ammorbidiscano.
Appena le cialde sono trasparenti ed elastiche posizionare nella parte inferiore delle stesse una presa di insalata a filetti, un surimi intero e dei germogli ben sgocciolati. Chiudere l'involtino come una busta ripiegando il lato sinistro e quello destro verso l'interno, poi l'estremità inferiore verso il centro, quindi arrotolando sino al margine superiore.
Preparare così tutti i dodici involtini, poi metterli in una teglia spennellandoli con l'olio di arachidi. Infornare a 200° e cuocere sino a completa doratura (una decina di minuti circa).
Servire gli involtini caldi e croccanti accompagnati con salsa di soia.

La composizione dell'insalata mista determina una nota più o meno amara del ripieno, per evitarla completamente sostituire i filetti d'insalata con verdure a julienne (cavolo, carote e zucchine). In alternativa al surimi può essere utilizzata una più nobile polpa di granchio e gli involtini possono essere fritti in un wok con olio di semi di arachide.


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