foto di Elena Fiorio - Burano maggio 2009
Man vs. Food
31 dicembre 2017

Maratona Man vs. Food per ventiquattro ore su Food Network e non solo lì...


Man vs. Food è un reality show televisivo che va in onda negli Stati Uniti dal 2008. Il programma è stato condotto dall'attore e presentatore Adam Richman nelle prime quattro stagioni (la quarta con il titolo Man v. Food Nation).

In ogni puntata Adam si reca in una città degli States per assaggiare i piatti tipici del luogo e tentare una sfida lanciata da un ristorante locale. Le sfide tra uomo e cibo consistono nel mangiare piatti di dimensioni gigantesche o estremamente piccanti.

Gli episodi sono costruiti mettendo insieme vari momenti del viaggio dove Adam si intrattiene con i ristoratori che descrivono la loro specialità della casa e gli ingredienti tipici della cucina del posto e con i clienti che parlano delle ordinazioni più richieste per qualità e quantità. Culmine della puntata è la sfida che Adam affronta nel locale prescelto, seguita da una finta conferenza stampa dove risponde alle domande degli avventori che hanno assistito alla sua vittoria o sconfitta.

Adam si presenta nella sigla della serie con la frase: "Sono Adam Richman un fanatico del cibo, ho fatto mille lavori nel campo della ristorazione e ora giro l'America alla ricerca dei templi dell'abbuffata e affronto le sfide alimentari più leggendarie. Non sono un mangiatore sportivo, sono solo uno che ha molto appetito! Queste sono le avventure di un inguaribile affamato, ecco a voi Man vs. Food".

Ritiratosi dalle sfide culinarie nel gennaio 2012 Adam detiene il record personale di 37 sfide vinte dall'uomo e 22 dal cibo.

Il presentatore, esperto di cibo autodidatta, dal 1995 conserva un diario di viaggio in cui annota tutti i ristoranti che ha visitato e quello che ha mangiato. Quando possibile ha affrontato le sfide digiunando a partire dal giorno prima e idratandosi molto bevendo solo acqua. Successivamente ha trascorso un'ora sul tapis roulant.

Dopo Man vs. Food Adam Richman ha presentato il programma Man Finds Food dove in giro per l'America e il mondo intero cerca piatti speciali non inseriti nei menù ufficiali dei ristoranti.

L'elenco delle puntate e delle sfide di Man vs. Food.

www.foodnetwork.it/man-v-food
www.foodnetwork.it/man-finds-food

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“Inquietante delitto in Vaticano”
1 novembre 2017

di Flaminia P. Mancinelli

Quando lui le aveva spiegato che le catacombe dipendevano dal Vaticano ovvero dalla Pontificia Commissione per l'Archeologia Sacra, lei aveva reagito con stupore: «Ma ce n'est pas possible!... tu stai scherzando, Nicolà, non è possibile che sia il Vaticano a comandare sui ritrovamenti archeologici a Roma».
«Ho chiesto alla Vittorini di informarsi bene, ma credo che la regola - quello che tu chiami comandare - riguardi tutte le catacombe in territorio italiano».
«Toute l'Italie? Mais c'est vraiment fou!»
«No, invece, credo sia ovvio: si tratta dei primi cimiteri cristiani. In molti di questi sono stati sepolti i martiri delle persecuzioni romane. E quindi sono luoghi sacri, di cui è normale si occupi la Chiesa».
Marion si zittì, ma solo per qualche istante. Stava riflettendo. Quindi osservò: «Guarda caso, tutti - anche la Pontificia - si dimenticano di questa catacomba. La lasciano andare in rovina per anni... Giusto?»
Nicola si limitò a un cenno di assenso.
«Poi un giorno arriva un prete per fare un'ispezione alla catacomba... e dopo poco, guarda che combinazione, in quella stessa catacomba viene trovata una donna assassinata... Tu puoi pensare quello che vuoi, mon amour, ma in questo delitto il y a l'ombre du Vatican!»
«L'ombra del Vaticano?»
«Ça va sans dire...»

«Villa Ada è territorio del Comune di Roma... E allora qualcuno deve spiegarmi perché, se io ho bisogno di informazioni su quelle catacombe... Io, una carabiniera dello Stato italiano, devo farlo per la cortese intercessione di un Istituto alle dipendenze del Vaticano, di una certa Pontificia nonsocchè».
«Vuoi una sigaretta?», le chiese il tenente Serra, porgendole il pacchetto.
«No, grazie, ho smesso».
«Di nuovo? Non lo sapevo».
«Neanch'io! Sono solo cinque giorni e allora non ho fatto pubblicità, perché tanto lo so: poi ricomincerò».

«Grazie alla sua intuizione, cara Vittorini, siamo finalmente arrivati alla vittima zero del nostro serial killer», esclamò la donna, infilandosi i guanti sterili.
«Ne avete la certezza?», chiese Sara, cauta.
«Se si infila un camice e viene dentro, potrà constatarlo con i suoi occhi», la invitò la dottoressa. (...)
Il dottor Lusini era di spalle e stava scattando delle fotografie alla salma.
«Venga, sottotenente, si avvicini. Guardi qui», la disse mostrandole un punto preciso sulla schiena della donna. La pelle, rimasta sepolta per diverse settimane, era quasi del tutto putrefatta, ma nel punto indicatole dal patologo c'era una macchia rossastra.
Vincendo la repulsione, Sara si chinò a guardare e la vide.
«Se volessimo, potremmo dire che questa è la madre di tutti i tatuaggi che il serial killer ha inciso sulle donne assassinate: stessa posizione, analogo disegno», spiegò Lusini avvicinando il cono di luce della lampada. «Qui abbiamo l'originale, esattamente sotto la scapola destra. Solo che si tratta di una voglia mentre sulle vittime è un tatuaggio».
Sara arretrò di un paio di metri. «Allora è lei».
«È lei senz'altro!»

«Vedi, Sara, noi diciamo di avere un'anima, e quest'anima distingue l'essere umano e lo rende superiore agli altri animali... Ma ne siamo certi? O quell'anima che neghiamo agli altri esseri viventi, invece, in loro è molto più pura?»
Sara Vittorini cercò di seguire l'uccello nel suo indaffarato cinguettio, era alle prese con la costruzione del nido, dove a breve la sua compagna avrebbe deposto le uova, e non potè fare a meno di fermarsi a riflettere su quello che aveva appena detto Marion.

Ciao Teo...

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“La notte ritorna” di Mary Higgins Clark
16 maggio 2017

Al parco giochi della Quindicesima Strada a Manhattan, non lontano da casa, il dottor Greg Moran spingeva il suo bambino, Timmy, sull'altalena.
«Ultimi due minuti», annunciò ridendo e dando un'altra spinta abbastanza forte da far contento il piccolo monello di tre anni, ma non tanto forte da rischiare di farlo cadere. Era una scena a cui in passato aveva spesso assistito e quando metteva Timmy su una di quelle altalene era sempre estremamente prudente. Come medico del pronto soccorso era un esperto di incidenti.
Erano le sei e mezzo di sera e l'aria si era fatta un po' pungente, a ricordargli che il successivo weekend si celebrava il Labor Day. «Ancora un minuto», disse con fermezza. Prima di portare Timmy al parco giochi, Greg era stato in servizio per dodici ore in un pronto soccorso più caotico che mai. In una gara di macchine sulla Prima Avenue i giovani che si trovavano a bordo di due auto erano rimasti coinvolti in un terribile schianto. Miracolosamente nessuno aveva perso la vita, ma tre dei ragazzi avevano riportato ferite molto gravi.
Greg staccò le mani dall'altalena in modo che rallentasse fino a fermarsi. Se Timmy non aveva tentato inutilmente di protestare significava che era pronto a tornare a casa anche lui. In ogni caso in tutto il parco giochi c'erano solo loro due.
«Dottore!»
Quando si girò, Greg si trovò faccia a faccia con un uomo di statura media, muscoloso, il viso nascosto sotto una sciarpa. Gli puntava una pistola alla testa. Con una mossa istintiva, Greg si spostò di lato per allontanarsi il più possibile da Timmy. «Senti, il portafogli è in questa tasca», disse in un tono pacato. «Prendilo pure».
«Papà».
Timmy era spaventato. Ancora sul seggiolino dell'altalena, si era girato e aveva guardato lo sconosciuto negli occhi.
Nei suoi ultimi istanti di vita, Greg Moran, trentaquattro anni, medico apprezzato, marito e padre affettuoso, cercò di lanciarsi sul suo aggressore, ma non poté in alcun modo sottrarsi al colpo fatale che lo raggiunse con micidiale precisione al centro della fronte.
«PAPÀÀÀÀÀÀÀ!» strillò Timmy.
L'assassino corse verso la strada, poi si fermò e si voltò. «Timmy», gridò, «di' a tua madre che adesso tocca a lei. Poi sarà il tuo turno».
Margy Bless, un'anziana signora che stava tornando a casa dalla panetteria del quartiere dove lavorava part-time, udì il colpo di pistola e le minacce. Restò immobile per alcuni lunghi secondi come per capacitarsi della scena spaventosa di cui era stata testimone: l'uomo che scompariva correndo dietro l'angolo con la pistola ancora in pugno, il bambino che urlava sull'altalena, l'altro uomo accasciato al suolo.
Le tremavano così forte le mani che le ci vollero tre tentativi prima di riuscire a digitare il 911.
All'operatrice che rispose, Margy riuscì solo a balbettare: «Presto! Presto! Potrebbe tornare! Ha ucciso un uomo e poi ha minacciato il bambino!»
La voce le morì in gola mentre Timmy si metteva a gridare: «Occhi Blu ha ucciso il mio papà... Occhi Blu ha ucciso il mio papà!»

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Il filosofo, il teologo e il gatto nero
12 febbraio 2017

Filosofeggiando...

"Se un filosofo è un uomo cieco, in una stanza buia, che cerca un gatto nero che non c'è, un teologo è l'uomo che riesce a trovare quel gatto." Bertrand Russell

it.wikiquote.org/wiki/Bertrand_Russell

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Proverbi, parole e parolacce veneziane e venete
31 agosto 2016

Estratti dal libro "Prima de parlar, tasi" di Espedita Grandesso sottotitolato: proverbi, parole e parolacce da non dimenticare.

Xe come butar in tera un omo che caga.
(E' come buttare per terra un uomo che sta facendo la cacca.)
Frase che illustra un'azione platealmente indegna.

A mi del ti, che gò un zio prete?
(Dare a me del tu, che ho uno zio prete?)
Frase ironica volta a tenere le distanze tra sè e gli altri.

Che ciavada che ciapa i frati, se no ghe xe el paradiso!
(Che fregatura prendono i frati, se non c'è il paradiso!)

E mi cossa sogio, la merda dei vigili?
(E io cosa sono, la merda dei vigili?)
Frase risentita di chi si sente valutato meno di niente.

Brava gente, sior comandante, ma la roba manca!
(Brava gente, signor comandante, ma qualcosa manca!)
Frase scherzosa, perla di diplomazia.

L'abondansa stufa e la carestia fa fame.
(L'abbondanza stanca e la carestia affama.)
Frase che indica che l'essere umano non è mai contento.

L'aqua marsisse i pali.
(L'acqua marcisce i pali.)
Bere acqua, al posto del vino, danneggia l'organismo.

Domandighe a l'osto se'l gà bon vin.
(Chiedi all'oste se ha vino buono.)

In ostaria no vago, ma co ghe sò ghe stago.
(In ostaria non vado, ma quando ci sono ci resto.)

Se varda el Signor, se varda la Madona, se varda anca chi ghe gà un muso da mona.
(Si guarda il Signore, si guarda la Madonna, si guarda anche chi ha una faccia da pirla.)
Frase rivolta a chi si infastidisce se si accorge di essere osservato.

Fradeli in Cristo, ma no in torta.
(Fratelli in Cristo, ma non in torta.)
Frase che sottolinea l'egoismo di persone che si definiscono buoni cristiani.

I sogni xe parenti dele scorese.
(I sogni sono parenti delle scorregge.)

Ogni pan gà la so crosta.
(Ogni pane ha la sua crosta.)

Essere andà parsuto e esser tornà salame.
(Essere partito prosciutto e essere tornato salame.)
Frase che indica un insuccesso non previsto.

Gnanca el can no mena la coa par gnente.
(Neanche il cane scodinzola per niente.)

Va a cagar su le suche marine de Cioza.
(Vai a cagare sulle zucche marine di Chioggia.)
Invito a defecare su qualcosa di estremamente spinoso.

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Lov
11 gennaio 2012

Adoro questo cinismo...

Le vignette Lov sono disegnate da Daw, il fumettista Davide Berardi. Sono trasmesse da Loveline, la trasmissione info-erotica di MTV e pubblicate su Gazzenda, la divertente e creativa agenda della Gazzetta dello Sport.

Dal tratto essenziale e l'umorismo caustico sono vignette di ironia estrema che esasperano al massimo i rapporti conflittuali fra uomini e donne.
Lov: i sentimenti tra i sessi, il disincanto delle passioni, il tradimento spregiudicato.

L'autore parlando delle sue vignette della serie Lov le definisce "... le più immediate da disegnare e da recepire, cosa da non sottovalutare".

Daw infatti non realizza solo Lov. Il suo blog da seguire è:
www.dawful.com/blog

gazzenda.gazzetta.it
www.mtv.it

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“L’educazione delle fanciulle” di Littizzetto e Valeri
6 gennaio 2012

Ho deciso di farmi gli auguri per la Befana con un post tutto al femminile...

Dialogo tra due signorine perbene.

Io sono abbastanza educata e so che le parolacce non si devono dire, ma non riesco a non dirle. Perchè sono liberatorie. Se le dici in maniera aggressiva sono volgari, se invece le usi per lo sberleffo perdono quella connotazione lì. Io non ce la faccio a non dirle. Vado proprio in astinenza. (...)
Forse basterebbe fare con le parolacce come per le sigarette. Ne dici solo tre al giorno. Una dopo pranzo, una dopo cena e una la sera guardando la tv. Quella te la godi proprio. (...)
Il problema è che io sono un'estimatrice della parolaccia. Ci sono momenti della vita in cui la parolaccia è d'obbligo. E' proprio necessaria. La parolaccia vera, liberatoria, autentica. (...)
E poi vaffanculo, perchè ci sono cose nella vita che si risolvono solo con un vaffanculo.
Luciana Littizzetto

Il tuo "elogio della parolaccia" non tiene conto del fatto che l'hai personalizzata; è diventata un tuo simpatico vezzo, prima o poi ne butti lì una e sembra quasi che si sistemi bene nel linguaggio più che definibile "un buon italiano". Del resto l'ingresso delle parolacce nel vocabolario aggiornato credo sia riscontrabile. Chi parla male anche senza scendere nel turpiloquio è come se lo facesse. Ne abbiamo quotidiani esempi.
(...) non è il mio sfogo preferito, la parolaccia. Sbattere una porta neanche, perchè casca la chiave. Forse la rabbia bisogna tenersela. Prima o poi passa.
Franca Valeri

Le bugie da dire a un uomo.
A un uomo si possono raccontare molte bugie, perchè non ascolta molto. Fatica spesso sprecata di cui si compiace la fantasia femminile. F.V.
"Mi sembri dimagrito". Con questa bugia qua ti si spalancano tutte le porte. Dopo puoi fare tutto quel che ti pare. L.L.

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